• Valentina Franzese
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Riflessioni notturne di una donna/mamma insonne

Ieri sera, mentre mio figlio dormiva accanto a me, la sua manina sul mio orecchio come da ormai 4 anni siamo abituati, l’ho annusato come spesso gli animali fanno con i loro cuccioli, gli ho accarezzato delicatamente il viso e ho chiuso gli occhi, anche io molto stanca, chiedendogli mentalmente scusa per tutte le volte che oggi l’ho sgridato anche senza motivo, per aver perso la pazienza troppo in fretta, per non aver accolto i suoi bisogni di bambino che, proprio come me, da tre mesi si sente rinchiuso tra le mura di casa, tante volte rifugio, ma altrettante volte strette e limitanti.

Ho pregato di svegliarmi, l’indomani, più paziente e meno frustrata, sì frustrata, per il lavoro che si accumula, per la “formazione continua” che il mio Ordine Professionale mi impone, ma che non riesco a portare a termine, per gli articoli che ho in mente, ma che non riesco a tradurre in parole, per gli appuntamenti con i pazienti che cerco di organizzare in maniera sistematica per non pesare troppo sulla quotidianità familiare.

Sì, perché mio figlio, privato della scuola, del parco, degli amici e dei nonni da preservare, richiede giustamente il mio tempo e la mia attenzione. La casa richiede cura, le faccende giornaliere richiedono tempo, perché anche acquistare i cerotti in farmacia è diventata un’impresa lunga e impegnativa! Perché mio marito, a capo di una piccola società, è fermo da tre mesi e ora deve lavorare giorno e notte per recuperare il salvabile!

In realtà, ragiono, la mia preghiera, oltre che fare appello alla mia pazienza e alla mia indole materna, dovrebbe anche coinvolgere i politicanti del Bel Paese, per scongiurare la ritirata delle donne nel privato, costantemente impegnate su più fronti, sempre più spesso indotte alla rinuncia e richiamate a coprire le falle di un welfare in emergenza. Infatti, come tutti sappiamo, i grandi assenti dai numerosi decreti di questi ultimi tempi sono stati i bambini e, quindi, di conseguenza, le mamme, le donne!

E nella lotta contro il virus proprio le donne hanno ricoperto un faticoso e rischioso ruolo di primo piano, con una serie di attività professionali di prima linea, in campo sanitario e negli ospedali e nelle residenze per anziani. Ma anche e soprattutto a casa, a seguire i figli senza scuola o nell’insegnamento a distanza, nello smart working, che di smart e anche di working ha veramente poco, perché è risultato faticoso, impegnativo, poco professionale e assolutamente poco conciliabile con la genitorialità. E allora sono intervenute le nonne… esattamente… le nonne, le madri, le donne, rinunciando al loro tempo, spesso al loro lavoro, ultimamente anche ai loro risparmi, per supportare le figlie.

Per non parlare del fatto che le donne, almeno all’inizio, sembravano sparite dai radar dei Servizi anti violenza, che ricevevano meno richieste di aiuto proprio quando le misure di isolamento sociale le hanno esposte ad un maggior numero di rischi!

Le donne conoscono molto bene, per esperienza diretta, le disparità di diritti, le false rappresentazioni, sanno che i diritti acquisiti vanno sempre costantemente difesi, pena l’arretramento sociale e questa emergenza sanitaria di proporzioni mondiali si è abbattuta ancora di più proprio su di noi, che spesso, già nella vita “ordinaria”, accumuliamo diseguaglianze e svantaggi!

Penso a tutto questo nella mia notte insonne, mio figlio respira tranquillo accanto a me, è lui la mia priorità, la ragione principale di ogni mia scelta e per questo, spesso, rinuncio ai miei libri, alle mie passioni, mi riduco a lavorare nei momenti “liberi” in cui la mia assenza non possa creare “danni”; ma poi inevitabilmente, dopo un po’, arriva la frustrazione e una malcelata insofferenza: quando abbiamo iniziato a non essere più la nostra priorità? Quando abbiamo scelto di stare sempre un passo indietro? E soprattutto: lo abbiamo scelto?

Recita Daisaku Ikeda “Finchè esistono madri sorridenti, la luce della speranza non si spegnerà mai”. Bene, allora bisognerà fare necessariamente qualcosa di urgente a livello sociale e politico, perché negli ultimi mesi le madri sorridono poco. In un’emergenza abnorme come questa si è fatto ciò che si poteva, ma come al solito, per le madri e per le donne si è fatto poco e male!

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